Ho ascoltato Dj Krush per la prima volta nel 1996. Il deejay, compositore e produttore giapponese mi impressionò subito per la pulizia del suono e per i ritmi coinvolgenti. Ma Dj Krush, al secolo Hideaki Ishi, 60 anni, non produce solo musica per le piste da ballo. La sua è musica trip hop, ambient, sfociando talvolta anche in sonorità vagamente acid jazz.
È noto per la sua suggestiva produzione strumentale che incorpora elementi sonori della natura e un ampio uso di campioni jazz e soul.
La storia
Ishi è nato a Tokyo nel 1962. Ha abbandonato la scuola in tenera età e si è unito a una gang locale e, qualche anno dopo, alla yakuza. All’inizio della sua carriera come subalterno della yakuza, Ishi scoprì sulla sua scrivania un dito mozzato avvolto in carta. Più tardi, dopo aver scoperto che era appartenuto a un amico, decise di lasciare la yakuza e tagliare i legami con il mondo criminale.
Ishi è stato ispirato a iniziare a fare il DJ dopo aver visto il film Wild Style nel 1983. “Quando ho scoperto il film Wild Style nel 1983 ho trovato quello che volevo davvero fare, esprimere me stesso”, ha detto in un’intervista del 2015. “Breaking, graffiti, rap, DJ… Mi è sempre piaciuta la musica, quindi ho scelto di fare il DJ. Il mio corpo non era fatto per la break dance, fare il DJ era la cosa giusta per me.”
Oltre ad essere considerato uno dei pionieri dell’hip hop giapponese,Ishi si è affermato come uno degli artisti e produttori più rispettati nell’industria hip hop, sia in Giappone che all’estero.
Dj Krush con i suoi ritmi sperimentali e suoni strumentali, ha cambiato il volto dell’hip-hop in un momento in cui era dominato dalla scena rap americana. È riluttante a identificare la sua musica con un genere particolare, poiché porrebbe dei limiti ai suoi ascoltatori e ai suoi talenti.
È stato considerato ambient, trip hop, una combinazione dei due e hip hop.
Quest’artista in generale ha più affinità con l’underground musicale che con il mainstream.
Negli scorsi mesi Dj Krush è tornato con un EP di sei pezzi, “Story”, che ospita versioni “narrate” ed analoghe puramente strumentali, come questa “Circle”, che lascia spazio alla ricerca ed alla sperimentazione, in una cornice trip hop degna di questo nome, grazie all’abile utilizzo del synth ed alla base ritmica più vicina alla contaminazione con l’hip hop.
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