Consenso e convenienza
Milano, 16 gen. (askanews) – L’arresto di Matteo Messina Denaro è di “straordinaria importanza: non arriva per caso ma è il frutto di un lavoro investigativo che si è protratto negli anni, di un impegno che non nasce di recente e che ha riguardato non solo la Procura di Palermo ma altre Procure siciliane; non solo i Ros dei Carabinieri ma anche di altre forze di Polizia”. Commenta così, ad Askanews, l’ex presidente della Commissione antimafia della Regione Sicilia Claudio Fava, che parla di un arresto che “non ci sorprende” perché “preparato con determinazione da molto tempo”.
Come è stata possibile una latitanza di ben trenta anni? “Non siamo più ai tempi dei corleonesi. La mafia 2.0 crea circuiti di consenso e di reciproca convenienza con la società civile che garantiscono sicurezza, protezione”, spiega Fava. “Una parte della società civile inserita nei circuiti della spesa nel corso di questi decenni ha scelto di accompagnare le imprese dei capimafia perché da quelle imprese riceve trae giovamento attraverso i circuiti della spesa, gli appalti, i trasferimenti di ricchezza”. In altre parole, la mafia ha avuto “l’intelligenza” di “creare attraverso gli investimenti una catena di convenienza che più ci si allontana dall’epicentro mafioso, più sfuma nella consapevolezza collettiva”. Per l’ex deputato all’assemblea siciliana, “la mafia 2.0 ha investito da tempo nel settore dei rifiuti, delle energie rinnovabili, della sanità. Ha costruito carriere, ha fatto lavorare. E questo ha creato condizioni di convenienza reciproca. In questo caso siamo in un contesto in cui la Terra di mezzo è piena di sfumature, in cui non c’è una linea netta di demarcazione”.
Molti sono rimasti stupiti dal fatto che a Matteo Messina Denaro sia bastato cambiare la propria identità sui documenti per non essere riconosciuto in un ospedale. “Quando hai un altro nome – osserva Fava – non è detto che ti possano riconoscere, come in effetti è accaduto stamattina. Tutti i presenti in ospedale sono caduti dalle nuvole. Come peraltro ci abbiamo imparato in questi quarant’anni: spesso mimetizzarsi senza fingere troppo è più efficace che nascondersi totalmente. E il fatto che nessuno l’avesse riconosciuto dimostra che una faccia come tante può passare inosservata. Soprattutto dopo trent’anni”.Mda/Int2
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