Music's Takin'Over

La musica domina!


I meravigliosi arpeggi di “A Forest” dei Cure (1980).

Paolo Pontini (storiadellamusica.it) ha definito A Forest dei Cure, l’unico estratto dall’album coprodotto da Mike Hedges e Robert Smith Seventeen Seconds, “un monolite di colore grigio scuro dall’inizio alla fine”. “Seventeen Seconds” è il secondo album in studio del gruppo, pubblicato nel 1980 con la Fiction Records. Come noto, i Cure sono tra i principali esponenti del movimento musicale post-punk e gothic rock, se non addirittura dark. In effetti questo album si contraddistingue per sonorità “grigie” e per testi talvolta “nichilisti”, semplice anteprima delle atmosfere dominanti in Pornography, album che verrà pubblicato, come quarto lavoro in studio, solo due anni dopo.

Venendo al singolo, A Forest narra di un uomo che cerca una ragazza in una foresta, ma non riesce a trovarla. La rivista Metallized afferma che “Il brano più iconico dei Cure inizia con un soffuso e semplicissimo intro di tastiere – quattro note suonate una dopo l’altra – ed evolve in un vertiginoso saliscendi di momenti rarefatti e intensi, candidi e cupi, tanto che si ha proprio la sensazione di girovagare in una foresta sconosciuta”. La versione pubblicata su singolo sfuma dopo circa 4 minuti, mentre sull’album gli strumenti escono uno ad uno, concludendo con il suono del basso al minuto 4:46. La chitarra di Robert Smith, suonata con un bell’effetto “Chorus”, ricorrente nei brani del gruppo, soprattutto di quelli dei primi tempi, si interseca con il basso egregiamente suonato da Simon Gallup. Secondo Onda Rock, “Forte di un testo sinistro (Come closer and see/ See into the trees/ Find the girl/ If you can”), “A Forest” è un irresistibile saliscendi di basso e chitarra che si perdono, dopo circa sei minuti di trip, nell’intrico di un assolo che si attorciglia su se stesso fino a spegnersi sulle note cadenzate di un basso simile al battito di un cuore pulsante. Il cambiamento è frutto dell’ingresso di Simon Gallup (da allora in poi una colonna portante della band e un vero e proprio alter ego di Smith) alle quattro corde ma anche dell’incontro con le atmosfere glaciali di dischi come “Unknown Pleasures” dei Joy Division e “The Scream” di Siouxsie and the Banshees, oltre che dell’effetto devastante provocato da una serata di spalla ai Wire, al termine della quale Smith, scioccato dal confronto improbo, ha deciso di irrobustire il suono dei Cure.

Un brano bellissimo e storico per la musica moderna e contemporanea degli ultimi decenni del secolo scorso, punto di riferimento ed esempio stilistico sul quale si sono formati tanti altri gruppi musicali, professionisti come dilettantistici. Per l’occasione fu realizzato un semplicissimo video, ove Smith compare, forse per le ultime volte, per così dire “al naturale”, senza il vistoso make up che lo renderà caratteristico ed unico negli anni a venire.



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About Me

Sono Manuel M. Buccarella, giornalista pubblicista ed amante della musica. Questo blog nasce dalla combinazione delle due passioni per la musica, la ricerca e l’informazione.

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