“I miei erano abbastanza illuminati da consentirmi di frequentare la strada. Così ho imparato bene il genovese (mentre in casa si parlava, oltre che in italiano, in francese), e ho conosciuto Tina, Alda, Marilina, gente generosa e aperta; figlie di mignotta nel senso autentico della parola visto che le madri facevano quello. La musica si ascoltava a casa, ma non era riconosciuta come mestiere: nella vita si poteva fare l’avvocato, il medico, il bancario, ma non si poteva cantare.” (Fabrizio De André).
Bocca di Rosa (1967).
Bocca di Rosa è sicuramente uno dei brani più noti, anche a livello internazionale, di Fabrizio De André. La canzone, scritta da De André insieme a Gian Piero Reverberi, fu pubblicata come singolo la prima volta nel 1967, come lato B del 45 giri “Via del Campo/Bocca di Rosa”, e fu poi inserita lo stesso anno nell’album Volume I. Si tratta di uno dei brani più rappresentativi dell’autore ed è entrato nell’immaginario collettivo italiano, tanto che l’espressione “bocca di rosa”, nel linguaggio comune, anche se in modo errato rispetto al senso dato dalla canzone, si riferisce a una prostituta.
La trama.
La canzone racconta la vicenda di una forestiera che, arrivata in treno «nel paesino di Sant’Ilario», con il suo comportamento passionale e libertino («c’è chi l’amore lo fa per noia, chi se lo sceglie per professione, Bocca di Rosa né l’uno né l’altro, lei lo faceva per passione») ne sconvolge la quiete. Nel giro di poco tempo la donna viene presa di mira dalle donne del paese, «cagnette a cui aveva sottratto l’osso», le quali, non tollerando la condotta della nuova arrivata, ed anche e soprattutto il fatto che i loro mariti preferiscano tradirle per stare con Bocca di Rosa, si rivolgono al commissario di polizia, che manda «quattro gendarmi con i pennacchi e con le armi» per condurre Bocca di Rosa alla stazione di polizia e successivamente alla stazione ferroviaria, dove sarà accompagnata sul treno e allontanata dal paesino. Alla forzata partenza di Bocca di Rosa assistono commossi tutti gli uomini del borgo, i quali intendono «salutare chi per un poco senza pretese portò l’amore nel paese». La notizia della presenza di Bocca di Rosa sul convoglio si diffonde però velocemente («come una freccia dall’arco scocca, vola veloce di bocca in bocca»), tant’è che, alla stazione successiva, la donna viene accolta in modo trionfale e addirittura voluta dal parroco con sé nella processione. Secondo alcuni De Andrè si sarebbe ispirato alla famosa canzone di Georges Brassens “Brave Margot”. L’ipotesi sarebbe avvalorata dalla presenza, nel testo della canzone, di alcune similitudini e riferimenti presenti nel brano del musicista francese. Due ipotesi minori collegano invece “Bocca di Rosa” alla frequentazione da parte del cantautore, negli anni in cui scrisse il brano, dei quartieri ove si praticava la prostituzione nella Genova degradata. Da qui De André potrebbe aver tratto qualche ispirazione da figure di prostitute del tempo, come quella di una tale Marilyn, una transessuale, oppure quella di una certa Liliana Tassio, nota come Maritza, una prostituta istriana che diventerà una delle protagoniste del romanzo “Un destino ridicolo”, scritto dal cantautore ligure insieme ad Alessandro Gennari.

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