Nel commentare ieri i ventinove anni dalla morte del geniale Frank Zappa, abbiamo messo in risalto l’assoluta trasversalità della sua musica. Zappa ha fuso spesso insieme generi differenti, lui che partiva da blues e musica classica, generando così una fusione non sempre facile da catalogare.
Durante la sua piuttosto breve esistenza, l’artista nativo di Baltimora non ha mai fatto mistero di amare (anche) il jazz. L’uso fatto da Zappa di elementi jazzistici riguarda prevalentemente la timbrica dei fiati, quasi sempre presenti in misura più o meno allargata nella strumentazione dei suoi gruppi. Nonostante il ricorrente ricorso a soluzioni ritmiche irregolari, che rendevano alquanto originale la produzione di Zappa, ciò non gli impediva comunque di adottare tecniche compositive più tradizionali, anche se non per l’intero sviluppo del brano.
Zappa ha utilizzato spesso musicisti provenienti dal mondo del jazz, e questo background traspariva frequentemente dalle improvvisazioni live documentate dai dischi ufficiali e dai numerosi bootleg. L’esempio più classico è “King Kong”, uno dei suoi brani più famosi originariamente pubblicato su “Uncle Meat” (album del 1969 pubblicato come Mothers of the Invention), dove occupava tutta la quarta facciata del doppio LP originale, e sempre incluso nel repertorio live di Zappa dal 1967 al 1988.Il brano è jazzistico in spirito, anche se la base ritmica per le improvvisazioni presenta poche variazioni armoniche. In verità il brano è più un jazz rock, ove il jazz, interpretato in particolare dalla sezione fiati, si sposa con il rock progressivo. La chitarra elettrica di Frank asseconda le variazioni progressive dell’organo, anche se in alcuni punti sembra richiamare le esecuzioni di Carlos Santana.
Ci vediamo allora “King Kong” eseguito presso la BBC nel 1968.
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