The Nightfly è il primo album in studio da solista del cantautore statunitense Donald Fagen, pubblicato quarant’anni fa, il 1º ottobre 1982. Fagen è dal 1971 il cantante e tastierista degli Steely Dan. È il primo album nella storia ad essere registrato in digitale, tanto che la purezza del suono supera ancora quella di diversi lavori prodotti direttamente su compact disc.
Il disco.
The Nightfly (dal soprannome di un disc jockey molto famoso quando Fagen era ragazzino) è sostanzialmente un disco autobiografico, un concept album in cui il musicista statunitense ripercorre gli anni della sua giovinezza; è il ritratto dell’artista da giovane, lo specchio delle fantasie di un ragazzo di periferia cresciuto nell’America tra gli anni 50 e 60, come Fagen si autodefinisce nelle note di copertina. Si tratta di un lavoro estremamente raffinato, fondamentalmente fusion, con significative sfumature jazz. Per altro nel disco vi sono collaborazioni importanti, tra cui Jeff Porcaro dei Toto alla batteria, Michael e Randy Brecker ai fiati, Marcus Miller al basso, Larry Carlton alla chitarra, Michael Omartian e Greg Philliganes alle tastiere, Valerie Simpson (Ashford & Simpson) ai cori. In più, la mano di Gary Katz come produttore, già in cabina di regia per tutti i dischi degli Steely Dan.
Il sound dominante nell’ album è un inconfondibile cocktail di jazz, pop, blues, funk e soul, grazie agli arrangiamenti sofisticati, all’insistito dialogo voce – cori. Ne viene fuori un jazz-pop vellutato, capace di fare colpo anche presso un pubblico meno sofisticato.
I brani principali.
In I.G.Y. (International Geophysical Year), il brano più noto e probabilmente più “orecchiabile”, Donald Fagen parla dell’ottimismo per la scienza che c’era nel 1958, in Goodbye Look della rivoluzione cubana vista con gli occhi di un bambino americano dell’epoca, in Ruby Baby delle prime feste, in Maxine del suo primo amore, in New Frontier della paura per la guerra fredda, e poi lo sguardo che si allarga, dal personale al sociale, l’ironia che si affila, fino a tratteggiare un’istantanea caustica dell’America dei baby boomer (“What a beautiful world this will be/ What a glorious time to be free”). Evidente l’influenza, sia nella musica che nella costruzione delle liriche, dei grandi Steely Dan.
Ci godiamo ora il video di New Frontier.

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